Recensione "Life ain't the same in the Pecos League"

Sacre Scritture vol. III

Ave villici!

Torna l’angolo delle Sacre Scritture, stavolta è il turno di “Life ain’t the same in the Pecos League”, libro pubblicato nel 2020 a firma Bill Rogan. Il libro narra l’esperienza dell’autore stesso alla guida della formazione dei Tucson Saguaros della Pecos League durante l'anno 2019.

Due parole sulla Pecos League, la Indipendent League più scalcagnata di tutto il circuito indy: una lega dove - appunto – si può ritrovare a fare il Manager uno scrittore/broadcaster, oppure le trasferte sono fatte rigorosamente in macchina, anche con le distanze siderali americane. Pernottamenti in motel di dubbio gusto e scarso igiene, con stravaganti impegni mattutini per manager e giocatori in attesa della seguente gara (pomeridiana o serale). Non si visitano grandi metropoli, spesso le città della Pecos League sono cittadine semi-rurali del Sud Ovest degli Stati Uniti, posti con nomi degni di un romanzo di Steinbeck: Roswell, Alpine, Garden City, Santa Fe, Trinidad o la “nostra” Tucson.

La Pecos League è la lega della terza (o quarta) opportunità per coloro che hanno già visto diverse porte chiudersi davanti, oppure semplicemente per chi non ha ancora deciso cosa vuole fare da grande e vuole concedersi quello che è probabilmente l’ultimo giro di giostra prima di cercarsi un lavoro vero e proprio. Proprio questo è il punto che prima della lettura del libro mi aveva maggiormente interessato, spingendomi all’acquisto: ma chi gioca in una lega del genere? Mi ero immaginato un microcosmo di outsider, sognatori, sopravvissuti e semplici disperati del diamante, un Carnevale insomma, e la lettura questo mi ha confermato.

Una Indipendent League, dove non c’è certo da schierare cleanup giovani appena firmati con bonus milionari o tenere forzatamente nel lineup giocatori in slump: conta solo vincere la partita in qualsiasi modo e sperare di poter disputare la prossima, perché c’è sempre dietro l’angolo qualche imprevisto che può sconvolgere tutto, tanto da -magari- dover far affidamento su un amico 51enne ex Minor che per amicizia prende un aereo e viene a tirarsi 3 o 4 inning per ritornare a casa la mattina seguente.

Uno spaccato di un mondo del quale non si sa praticamente nulla, ben lontano dai contratti milionari della MLB ai quali ci stiamo abituando. Proprio per questo credo che sarebbe una lettura utile per il nostro piccolo mondo, sempre afflitto da problemi economici e dove anche solo una palla recuperata dai foul rappresenta un bel sospiro di sollievo. Stadi scalcagnati da massimo 2.500 spettatori, pubblico che scarseggia, stipendi da 100 dollari a settimana (quando va bene) e la costante preoccupazione che un proprio giocatore non venga acquistato da una formazione di una lega più attraente o non riceva una chiamata per un colloquio di lavoro.

Seguire la stagione dei Saguaros e di Rogan è interessante proprio per calarci in questa realtà così lontana ma allo stesso tempo non troppo dissimile dal baseball italiano, dove la prossima stagione si può pianificare fino ad un certo punto ed è molto più importante sapere se alla prossima trasferta (magri nel bel mezzo del deserto del Mojave) la squadra ospitante garantisce acqua potabile o meno. Peraltro in questa lega militano i Pecos Bills, che hanno uno dei loghi più belli del baseball mondiale. La Pecos League è un campionato assurdo, disorganizzato, a tratti farsesco, ma è bello immaginarsi (nonostante gli sforzi dell’autore nel convincerci del contrario) quell’aria di frontiera, di un gioco praticato meramente per amore dello stesso, tanto spassionato da tenerci incollati alle pagine in attesa di vedere che succede nella pagina successiva. Tuttavia, come dice uno dei protagonisti del libro “Non c’è gloria nella Pecos League. E raramente un futuro”

Non è il libro più scorrevole tra quelli citati in questa “rubrica”, l’autore infatti a volte si perde in aneddoti troppo astrusi per lettori non americani (dubito che nelle intenzioni dell’autore ci fossero vendite all’estero, ecco) ed in alcuni punti offre dei punti di vista che si fa fatica a capire cosa c’entrino con una stagione di baseball di questo tragicomico campionato, come ad esempio delle invettive contro la California che in alcuni punti sono letteralmente incomprensibili. Non di meno uno dei punti forti del libro è proprio lo stile dell’autore: nessuna patina romantica, sa benissimo che sta parlando di un ambiente ostile, raffazzonato e surreale. L’autore peraltro ha continuato la sua carriera da Manager nella Pecos League, questa stagione sarà infatti il Manager dei Train Robber.

Tuttavia, proprio perché parla a fondo di una lega gestita da un personaggio eclettico – Andrew Dunn - capace di tenere in piedi praticamente da solo, da 15 anni, un circuito che comunque rappresenta al meglio quella seconda-terza-quarta opportunità (una decina di giocatori ha ripreso la risalita verso la MLB proprio ripartendo proprio dalla Pecos League) che tanto piace a noi cuori teneri, merita di essere letto. Abituati come siamo al baseball delle celebrate star della MLB, leggersi di trasferte da 1200 km in macchina (in 5) rigenera lo spirito.

Insomma, anche questo accattatevillo.

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