4 proposte + 1, tanto per passare il tempo

Idee bislacche per uno sport morente

Ave villici!

Questa settimana non ho molta voglia di perdermi nelle miserie settimanali del basegoal giocato, del resto talmente poca è la sostanza di cui parlare che diventerebbe un compito improbo pretendere un appuntamento settimanale su queste basi. Inoltre il senso di schifo inizia ad essere veramente importante, quindi preferisco dilettarmi in altro.

Di cosa parlare quindi? Prima di tutto vorrei chiarire un punto, che ho visto ha creato un minimo di dissenso da parte di alcuni dei miei rituali 20 lettori, ovvero sia il concetto di far giocare più italiani possibili. Rileggendo il finale dell’”articolo” precedente effettivamente riconosco che avrei potuto elaborare maggiormente il concetto, ma ormai mi sono dato come regola quella di stare nelle 4 pagine Word e quindi devo fare sintesi. Proviamo quindi oggi a spiegare un po’meglio il concetto, che non si basa solo sul dogma di dover far giocare più giocatori italiani e chiusa lì.

Mi rendo conto che il livello delle giovanili sia quello che è, che nelle serie minori si ha poco (per non dire nulla) su cui poter contare e tutto quello che si vuole, ma è proprio partendo da queste amare ed incontestabili constatazioni che vorrei avviare il discorso.

Punto primo: prendere atto dello stato lacrimevole del movimento giovanile e del mondo “minor” è già la prima medicina da buttare giù, nell’ottica di una speranza di un qualche miglioramento. Di fronte ad un panorama che continua ad offrirci discorsi risibili sul “livello” e quant’altro, si abbia il buongusto di prendere atto della realtà, ammettere che questi siamo, ovvero sia poco più del nulla cosmico. Anche l’opzione attualmente in voga (partite di livello solo a chi se lo merita, o paga) mi convince poco, anzi per nulla: l’elitarismo degli straccioni mi ha sempre fatto ridere. In questa situazione pensare di cavarsela coltivando l’elite e tralasciando la “massa” mi pare una cosa veramente senza alcun senso, ma sicuramente mi sbaglio io.

Il passo logico successivo, una volta fatta questa prima amara mossa, dovrebbe essere quello di analizzare il perché siamo ridotti, nel 2025, a questa miseria, magari cercando di capire che la politica intrapresa precedentemente è stata fallimentare. Per mille motivi, magari, ma fallimentare. Quindi evitando di ripeterla, fosse solo perché si ha sotto gli occhi la dimostrazione empirica che a questo stato di cose ci ha portato. Perchè perseverare nell’errore sperando che stavolta il risultato finale sia diverso?

Quale che sia la strada che si vuole percorrere almeno si abbia chiaro da subito di non dover pestare l'acceleratore sulla stessa direzione, si sterzi pure a destra o sinistra, ma non si continui a dritto, ecco. Perchè vedo - magari sbaglio lettura io – che si continua imperterriti a parlare di alzare il livello (sempre e solo ingaggiando qualcosa di “pronto” da oltreoceano, che pare sia l’unica ricetta), di campionato di vertice e blablabla: evitiamo di percorrere le strade che stiamo percorrendo da 40 anni e che a questo ci hanno portato, no? Ma mica perché uno debba essere contrario a priori, quanto perché i risultati sono sotto gli occhi di tutti: non ci caca nessuno, siamo contenti che alla sfida replay della finale dello scorso anno ci siano 310 persone in una piazza storica del nostro sport, facciamo una fatica enorme non ad attrarre nuovi appassionati, bensì a coinvolgere o riavvicinare anche chi di questo sport ne aveva fatta quasi una ragione di vita. Perchè se siamo contenti dei 280 tifosi allo Jannella all’Opening Day, verrebbe da chiedersi dove siano finiti (e perché) gli altri 800 che solo qualche anno fa erano presenti, nel peggiore dei casi, a qualsiasi partita interna. Davvero pensiamo di riavvicinare i tifosi che ci hanno detto “adios” ingaggiando il Profar di turno perché migliore dello Zalm di turno? E da quanto va avanti questa teoria? Quando è la data limite per prendere atto che non funziona?

Questo passo a mio avviso è fondamentale, senza questa presa di coscienza della situazione attuale è inutile qualsiasi azione successiva. In parallelo a questo, giocoforza, dovrebbe esserci anche la presa d’atto che si, sicuramente, non ci potrebbe essere, per qualche anno, un campionato del livello dell’attuale, perché ovviamente lo so benissimo da solo che un ripopolamento di giocatori italiani non sarebbero in grado di offrire chissà quale spettacolo, ma sarebbe il secondo segnale che si è intanto intrapresa una nuova via, quantomeno. Cosa rischiamo di perdere, di contro? Possiamo fare molto peggio dei 47 spettatori registrati a Reggio Emilia? Ma siamo seri? Volete sapere quante partite di A dei poveri e B superano l’affluenza della A dei signori?

Questo percorso dovrebbe durare qualche anno, ovviamente, in maniera tale da permettere alla nuova generazione di crescere e formarsi, sapendo che dopo l’U18 (o Juniores o come vogliamo chiamarla), almeno per i più promettenti, ci potrebbe essere davvero la possibilità di fare un percorso decente anche nella formazione Seniones, senza aver come unica alternativa il dopolavoristico mondo delle Minors italiane, che possono offrire solo estenuanti giornate passate sotto il sole vigliacco nei peggiori campi delle più sperse periferie italiche.

Come farlo? Non semplice, ma dato che non voglio essere solo disfattista e che mi diletto in questi deliri, provo a dire la mia, senza pretendere che alcuno sia in accordo con il sottoscritto, giusto per gettare il sasso nello stagno e vedere che succede: partirei con una seria riforma della normativa AFI, ad esempio. Se proprio deve essere messa in pista una normativa che eviti discriminazioni su basi di nazionalità e che equipari giocatori anche con remote radici europee, si faccia una normativa che preveda la qualifica AFI solo per chi ha avuto un determinato percorso nelle giovanili, magari mettendo come vincolo il “cartellinamento” vero in almeno due diverse categorie giovanili, svincolato da qualsiasi questione di passaporto, chè l’accusa di razzismo è sempre dietro l’angolo.

In questa maniera si eviterebbe fenomenate come quelle che permettono ad un giocatore nato e cresciuto baseballisticamente in Venezuela, Panama, America di essere equiparato al nostro Mario Rossi di prassi, solo perché è arrivato a 19 anni in Italia per giocare. Ancora, si renda il tesseramento di chi non rispetta questo nuovo criterio AFI talmente oneroso da poterne permettere uno massimo due (appunto per vedere i Navarro, i Vatcher, i Matos che dicevo la scorsa volta, non i Giacalone o i Rovinelli) per roster per la Serie A, rendendolo praticamente impossibile per qualsiasi altra categoria. Si decuplichi pure il costo del cartellino, tanto se si hanno i soldi per poterne tesserare 13 tutti gli anni si può pagare un tesseramento dieci volte il valore attuale.

Al contempo si renda possibile agli stranieri di prima o seconda generazione che si trovano in Italia per questioni famigliari/affettive il poter giocare, senza alcuna limitazione di posizione, fino alla Serie B, se si intende continuare a far conto su questo campionato di A a due velocità. Su questo punto magari, per evitare le classiche “italianate”, si metta come unico vincolo l’attestata residenza sul suolo patrio al 31.12 dell’anno precedente, in maniera tale da poter contare su un bacino di giocatori che al momento vivono in uno strano limbo che non fa onore all’italica pallabase.

Di pari passo a questa riforma normativa la FIBS a mio avviso dovrebbe seriamente mettere in campo una profonda riforma del settore tecnico. Ho già scritto miliardi di volte come una delle mosse imprescindibili, secondo il mio modo di vedere la situazione, è quella di creare una partnership con un quale coach americano per la riforma del CNT ed il programma di formazione tecnici. Perchè se non vengono fuori i giocatori, un minimo di responsabilità ce l’avrà pure il CNT, non è che i ragazzi italiani siano da cassare a priori dal mondo del baseball. Più che per l’allenatore della Nazionale, a mio avviso, sarebbe il caso di spendere 36.000 euro per portare un coach con alle spalle lustri di esperienza (meglio ancora se in College D1, pensate come sono bizzarro) in formazione di atleti giovanili. Invece di pagare Cervelli per 5 partite all’anno, probabilmente l’ingaggio di un coach per riformare il CNT ed il suo programma e girare l’Italia per una serie di clinic regionali poteva essere una strategia più interessante.

Torniamo a noi: il combinato disposto di queste nuove normative sarebbe una moria di società? Devo essere sincero, non è che la veda necessariamente come una cosa per forza da leggere in chiave negativa. Provo a spiegarmi meglio anche qui, che fraintendere è un attimo : faccio l’esempio della realtà fiorentina che giocoforza è quella che conosco un po’ meglio. Che senso può avere il vedere 4 società nel giro di pochi km che fanno 3 categorie diverse ognuna slegata dall’altra su tutto quello che va oltre il semplice prestito/doppio tesseramento? Ma uguale discorso si potrebbe fare a Grosseto, a Bologna, a Parma, a Nettuno e in tutte le località dove questo discorso avrebbe senso. 

Si riproponga un nuovo Progetto Franchigia ragionato, senza scadere in quella baracconata messa in piedi all’epoca della presidenza Fraccari. Capisco che l’argomento sia stato bruciato da quella tragica esperienza, ma la scottatura viene dalla penosa posa in opera, non per la fragilità del concetto a monte, sempre ammesso che non si voglia dare di “cretino” a tutto lo sport americano che opera così da qualche decennio con risultati - direi - abbastanza soddisfacenti.

Una soluzione che permetterebbe, su tutti i livelli, di poter disporre del meglio dal punto di vista dei giocatori, dei tecnici, dei dirigenti e delle strutture, senza perdere in 4 rivoli le poche energie di cui si dispone. Anche questo secondo me è un discorso ineludibile, se si vuole parlare seriamente di un progetto di rilancio vero, di ampio respiro. Perchè, specialmente se questi pochi (e poca cosa) siamo, disperdersi anche nel gioco della faida contradaiola è quanto di più stupido si possa fare. Dal punto di vista dei giocatori perché se ogni società si tiene il proprio va a finire che il meglio della zona gioca in 4 società invece che in una, abbassando di riflesso il livello complessivo. Il formare una formazione “al meglio”, invece, permetterebbe invece di alzarlo il livello, pensate un po’quante persone si farebbero felici.

L’altra necessità che dovrebbe spingere in questa direzione è che unendo le forze sotto un’unica bandiera si potrebbe ottimizzare i costi di gestione: pensate solo ad un ordine di materiale tecnico fatto per 4 formazioni invece che 4 singoli, per non parlare di staff (un pitching/hitting coach o quel che sia davvero bravo si trova, mentre trovarne 2 è già più impegnativo, con 4 si va all’avventura). Oppure sarebbe un punto di forza da poter spendere su quei malcapitati sponsor che ancora non hanno fiutato il bluff: invece di poter offrire la sponsorizzazione al solo campionato poco più che regionale, si potrebbe offrire una visibilità che nel solito weekend mostra il marchio dello Sponsor con la formazione di Serie A a Nettuno, di Serie B a Buttrio e di Serie C a Siena, oltre a tutte le giovanili. Una visibilità di fatto nazionale, su vari livelli. Discorsi di minima, ma che forse hanno il loro valore.

Certo, se poi la mentalità è quella della gara tra cugini a chi ha il cazzo più lungo tutti i discorsi vanno a morire, ma continuo a ritenere che sia un punto sul quale, almeno per quanto riguarda il campionato di vertice, sia veramente obbligatorio spendere tempo ed energie almeno in un tentativo. Non che poi debba essere inteso come un punto di non ritorno o immutabile nel tempo, come abbiamo visto anche negli USA il tema è spesso fonte di discussione, modifiche e rinnovamento. Se là la natura del progetto non è un discorso legato alla sussitenza, qua diventa delittuoso non svilupparlo almeno dove è sviluppabile. Poi, per carità, non è detto non si possa fare baseball se non all’interno della franchigia X o Y, o che non si possa raggiungere i requisiti minimi per poter essere una nuova franchigia da immettere nel circuito in un secondo momento. Su questo magari sarebbe meglio spenderci un articolo appositamente dedicato, magari in futuro.

Infine, la boutade dell’eliminazione del DH in Serie A: a ben vedere, non è che sia da prendere necessariamente come mera una provocazione. Anche qui ovviamente si deve fare di necessità virtù, ma sarebbe una riforma a costo zero che eviterebbe alle società, che non fanno altro che piangere miseria, di dover trovare uno straniero per riempire anche lo slot del DH. Al contempo garantirebbe qualche AB ai nostri giovani, che scoprirebbero magari che nel baseball esiste anche il pinch-hitter. Si potrebbero vedere numeri da circo col double switch, va detto, ma di contro probabilmente si potrebbero mettere insieme roster con un briciolo di raziocinio in più ed il lavoro del manager sarebbe analizzabile su molti altri aspetti. Di contro tremo all’idea di quanti bunt potrebbero essere fatti, ma per la causa si accetta anche questo rischio. Insomma, lo scrissi qualche mese fa quasi per ridere, ma più passa il tempo e più credo che sarebbe un’idea che varrebbe la pena valutare seriamente.

Quindi, in sintesi:

  • Riforma normativa AFI
  • Adeguamento cifra tesseramento atleti non AFI
  • Riforma CNT
  • Avviostudio per Progetto Franchigia 2.0
  • Abolizione DH

Quante proposte oggi, la prossima volta torno a fare il numero del “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”.

Enrico Luschi

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